Normalista, psicologa clinica, dottore in psicopatologia, specializzata nello studio della manipolazione, della molestia, della perversione e della paranoia, Ariane Bilheran è anche scrittrice e conferenziere. Ama ascoltare, agire, condividere e trasmettere; ha pubblicato una ventina di lavori sulla psicologia e sulla filosofia, per adulti e bambini, e ha scritto una trentina di articoli, molti dei quali pubblicati su riviste famose.
Ariane Bilheran delinea un quadro agghiacciante delle misure totalitarie adottate dalla maggior parte dei governi mondiali, precisando che "non è la prima volta che ci troviamo ad affrontare una tirannia pseudo-scientifica, nella quale ci viene imposta un’ideologia che mira a modellare i nostri comportamenti, i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni".
Stigmatizzando "i metodi molesti" (dallo shock traumatico, passando dalla confusione mentale, emozionale o, ancora, il senso di colpa), ci offre i suoi consigli per evitare le insidie e riprenderci il nostro potere personale. Se trasformiamo noi stessi, possiamo arrivare ad una migliore accettazione e comprensione della nostra natura profonda, sentiremo una maggiore pace interiore e non avremo più bisogno di cambiare l’altro ad ogni costo per creare una verità unica, una realtà unica.
Audrey Damas: Lei ha preso parte al documentario Hold-Up, realizzato da Pierre Barnerias, che oggi sta subendo un linciaggio mediatico. Cosa pensa di questa reazione politica, mediatica, e di questa ondata di odio di fronte all’espressione di una visione diversa?
Ariane Bilheran: Come dice, si tratta di un linciaggio mediatico da parte dei media mainstream. Il popolo, invece, ha recepito molto bene il film, che è stato visto più di un milione di volte in una settimana. Dunque, questo linciaggio avviene con una modalità inquisitoria, c’è un discorso che ci impongono di sostenere, con uno schema di lettura preconfezionato e, soprattutto, ci viene fortemente sconsigliato di andare a vedere il film. Penso che il popolo francese non si lasci più ingannare da ciò che gli si è fatto sopportare e da ciò che si prospetta. Questo linciaggio, quindi, è uno svelamento dei metodi calunniosi e molesti.
Da parte mia, io sostengo la diversità di opinione, la necessità del contraddittorio e la parola divergente, e sostengo il popolo nel suo desiderio di libertà, di verità e di giustizia. Chi può dirci cosa dobbiamo pensare? Ogni cittadino è in grado di avere un giudizio critico, ha il diritto di farlo evolvere, non possiamo esserne spossessati da un potere mediatico-politico che diventa illegittimo a partire dal momento in cui maltratta la sua popolazione e ci impone quello che dobbiamo e non dobbiamo pensare. Il potere mediatico (ancora una volta, chi lo finanzia?) s’improvvisa spesso esperto, ignorando gli esperti.
AD: Come uscire da questa paranoia collettiva che serve il discorso della paura e si traduce in una censura terrificante, nel confinamento delle persone e nella distruzione del sistema economico, sanitario, ecc.?
AB: La mia analisi dei collettivi che scompensano verso una modalità paranoica nelle aziende, nelle quali sono intervenuta come perito uditore negli anni passati, mi fa pensare che non soltanto il fenomeno non è vicino alla fine, ma anche che non ne usciremo indenni. La paranoia collettiva segue e persegue la sua logica di distruzione di massa; dopo un po’ si esaurisce di fronte alla grandezza della distruzione che ha provocato che, a sua volta, provoca una crescente presa di coscienza da parte delle persone che non volevano/potevano né sentire, né vedere, né sapere.
AD: Perché una tale apatia generale e una tale assenza di spirito critico, come per gli uomini del mito della caverna? Perché preferire l’illusione alla verità?
AB: L’apatia è legata alla siderazione, allo shock e alla confusione di fronte ai messaggi paradossali che paralizzano il pensiero. Inoltre, in una società dell’immediatezza, delle sollecitazioni istantanee e incessanti — fenomeno aggravato dai social media —, non c’è più lo spazio sufficiente per pensare. È molto angosciante concepire che i governanti, che nello psichismo sono investiti da un ruolo di funzione parentale, non ci vogliano necessariamente bene.
Infine (e la mia risposta non è esaustiva), penso che il trauma collettivo generato dalla violenza politica di quest’anno (e dei precedenti) non sia superato, e che ammettere che il mondo di prima non tornerà mai più così come l’abbiamo conosciuto sia una cosa che fa molta paura. Questo implica un lutto al quale oggi pochi sono disposti, cosa comprensibile.
AD: Hannah Arendt ha dimostrato che il totalitarismo nasce precisamente dalla nostra paura della libertà. Perché abbiamo così tanta paura di prendere le redini e la responsabilità della nostra vita?
AB: Essere responsabili significa avere la capacità di riconoscere i propri errori e di poterli correggere. La postura infantile può apparire, in modo illusorio, come rassicurante, e mettersi nelle mani di qualcun altro può portare dei benefici. Assumerci le nostre responsabilità, significa anche rischiare di sbagliare ed assumerne le conseguenze. Questo comporta un’autonomia interna, cioè la capacità di stabilire da soli i nostri limiti e le nostre leggi interne. Adesso ci troviamo nel mondo del godimento immediato e del consumo istantaneo. Quindi, certi preferiscono rimettersi in modo idolatrante a dei rappresentanti, piuttosto che assumersi il rischio della singolarità della loro parola, perché non sono in grado di provare la frustrazione e la limitazione che rappresenta la responsabilità personale di fronte a se stessi e agli altri.
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AD: Pensiero unico, censura e manovre volte a discreditare quelli che pensano diversamente…Come restare fedeli ai propri valori e convinzioni?
AB: È una questione di integrità. Bisogna accettare di porsi delle domande essenziali:
Fino a dove sono pronto ad acconsentire alla mia perdita d’integrità?
Fino a che punto sono pronto a lasciarmi disumanizzare dalla paura?
Le risposte sono individuali. Ad un certo momento, che è personale per ciascuno, diventa troppo, e la situazione provoca un sobbalzo di coscienza in chi fino a quel momento era rimasto passivo.
AD: Lei descrive il mondo attuale come un mondo nel quale “noi siamo privati del libero arbitrio, un mondo governato dal controllo, dall’infantilizzazione, la paura, il senso di colpa…” Siamo realmente in grado di liberarci dalle nostre catene e diventare liberi oppure Lei crede che la nostra libertà risieda nel fatto di compiere il nostro destino?
AB: Il destino è fatto contemporaneamente di determinismo e di libero arbitrio. Ognuno è in grado di prendere in mano il proprio destino, nella parte determinata dal libero arbitrio. Bisogna ricominciare dalla base, dalle fondamenta. Cosa mi auguro per me stesso e per il futuro del mondo? Quali sono i miei ideali? A cosa acconsento o non acconsento? Ogni libertà presuppone non di negare le proprie paure, ma di affrontarle con coraggio. La libertà non è data, ma va conquistata.
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Le rêve (El somni), Richard Martín (2019-2020)
AD: Come psicologa dell’infanzia nella prima parte della Sua carriera, il benessere dei bambini Le sta particolarmente a cuore. Quali effetti possono avere il confinamento, la dissoluzione dei legami sociali e le altre misure adottate sullo sviluppo psicosociale del bambino che si vede costretto a reprimere la sua natura profonda e la sua spontaneità?
AB: Una politica basata sul terrore, che sia quella del terrorismo, quella di una crisi sanitaria o del totalitarismo è traumatica per i bambini. I nostri governanti sono pompieri piromani che seminano discorsi di divisione. Inoltre, i processi totalitari mirano ad indebolire la figura genitoriale, a dividere e separare il bambino dalla sua famiglia e a stringerlo dentro dei conflitti di lealtà. Questo provoca un grande danno su uno psichismo in divenire.
I bambini sono bersagli molto attaccati oggi, sia dal terrore, dalla divisione, il consumismo, gli schermi, l’indebolimento della figura genitoriale, i discorsi contraddittori, l’assenza di un contesto sereno di trasmissione elaborata del sapere, e appropriata alle loro diverse età.
Le conseguenze gravi sono i problemi di ansia, fobici, traumi, depressioni, idee suicide, tra gli altri. I bambini i cui genitori vengono maltrattati dallo Stato o dalla crisi economica e la sofferenza sul lavoro sono allo stesso modo esposti.
L’infanzia deve essere il tempo dell’innocenza e della gioia; è un tempo fondativo per tutta la vita dell’adulto, è imperativo proteggere l’infanzia dalle esperienze pericolose.
AD: Secondo Lei la scuola compie la sua missione, oppure dovremmo immaginare un altro modo di educare i bambini?
AB: Mi sono già pronunciata a più riprese sul fallimento dell’Educazione Nazionale, sia per la trasmissione dei valori che per la trasmissione del sapere. Si tratta di un’impresa iniziata decenni fa, con Foucambert e gli pseudopedagoghi. Liliane Lurçat, che cito spesso, ha scritto diversi lavori che chiariscono questo tema.
L’intrusione degli schermi nelle scuole porterà a termine questo scopo. I professori non sono da biasimare, perché anche loro sono vittime di un sistema che cammina sulla testa.
Io vengo dalla vecchia scuola, cioè quella secondo la quale non si rispetta l’infanzia né col troppo autoritarismo, né col troppo lassismo. Il bambino si sente in divenire ed ha bisogno di un inquadramento, di regole, ma anche di imparare la disciplina. Come affermava Kant, senza imparare la disciplina, il sapere non potrà essere trasmesso; insegnare la disciplina significa insegnare degli strumenti di governo di sé che daranno i loro frutti più tardi. È indispensabile aiutare il bambino ad uscire poco a poco dalla vita pulsionale basata sul principio del piacere (“faccio quello che voglio come voglio”) e sostenerlo secondo la sua crescita negli apprendimenti elementari (lettura, scrittura, matematica e logica). Bisogna ugualmente favorire lo sviluppo della responsabilità (rispondere delle proprie parole ed azioni) permettendogli di imparare ad avere fiducia nel suo istinto, autorizzando il gioco e lo sviluppo dell’immaginazione, trasmettendo saperi che saranno altrettante risorse emozionali per l’adulto di domani (soprattutto arte e musica).
Educare è una difficile arte da equilibrista che richiede pazienza, regolarità, disciplina, giusta misura e amore.
L’apprendimento della separazione delle generazioni è anch’esso fondamentale per poter imprimere una durata alla trasmissione del sapere. Ho scritto un libro Psychopathologie de l’autorité, che tratta della protezione e del rispetto di cui noi dobbiamo dar prova nei confronti del bambino. L’autorità (e non l’autoritarismo) è una protezione per il bambino, in particolare l’autorità parentale.
AD: Noi siamo esseri profondamente tattili e il fatto di toccare o di essere toccati trascende il semplice bisogno biologico. Si tratta di un modo per capire meglio le nostre emozioni e soprattutto favorire lo sviluppo dell’empatia. Come evitare che l’altro diventi un pericolo o un nemico? Come immagina le relazioni di domani?
AB: La tenerezza è il collante delle società sane, così come la seduzione perversa è il collante delle collettività regredite. L’altro è lo specchio di me stesso, di ciò che ho consentito, di ciò che ho lasciato fare, ma allo stesso modo ogni essere porta in sé la condizione umana.
Penso che stiamo andando verso una scissione dell’umanità, tra quelli che acconsentiranno a vendere la loro anima a una specie di Golem moderno, e quelli che non acconsentiranno.
Per il momento ci troviamo nella sofferenza del travaglio e i destini non sono ancora determinati, perché essi dipendono anche dalla presa di coscienza degli esseri e dalle loro posizioni chiare su un futuro transumanista-golemico o un futuro molto più umile che ritorna alla sua qualità di umano di passaggio sulla terra, portatore di questa possibilità divina di amore infinito.
AD: Lei pensa che certi egregori (energie comuni prodotte da una potente corrente di pensiero collettivo) si riattiveranno per purificare e trasformare certe credenze che alimentano la divisione? Nel caso della Francia e della Spagna, per esempio, è difficile non fare parallelismi tra le circostanze recenti e gli avvenimenti del XX secolo, che si tratti della dittatura di Franco o l’episodio della collaborazione in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale.
AB: Ogni popolo ha la sua quantità di traumi e di compromissioni che ad un certo punto è necessario appurare. Ma il popolo è anche la somma dei suoi individui, ragione per la quale questo lavoro va fatto prima di tutto su di sé.
Quale fu il ruolo dei nostri antenati nei periodi che Lei ha citato? Come comprendere questo ruolo? Perché certi resistono ed altri collaborano? Bisogna anche riflettere sui meccanismi di sopravvivenza in contesto totalitario. È facile giudicare le situazioni non vissute, ma è più gratificante cercare di comprendere perché gli esseri umani arrivino ad essere piegati da certe impasse. Per esempio, mi sembra importante capire che il momento paranoico del sistema totalitario provoca una regressione perversa per certe persone (che ritroviamo come ducetti del sistema), semplicemente perché la perversione è un meccanismo di difesa possibile contro la follia. Così, per non lasciarsi travolgere dalla follia circostante, la persona scivola in una modalità perversa, altrimenti diventerebbe essa stessa delirante.
Spiegare non significa giustificare, ma permette di avere una comprensione migliore del quadro d’insieme.
AD: Come l’intelligenza del cuore e il potere dell’amore possono trasformare questa paura irrazionale e incontrollabile della morte (tanatofobia) che si è propagata come una scia di polvere?
AB: La paura non può guidare il nostro veicolo perché non ci farà fare e dire che delle sciocchezze. Avere paura può essere un sintomo di una situazione di pericolo, ma le decisioni da prendere di fronte al pericolo devono essere il frutto dell’intelligenza (analisi razionale della situazione), dell’istinto e dell’amore.

Dobbiamo ritrovare i fondamenti del rispetto della sacralità della vita, dell’amore per gli esseri viventi, della solidarietà profonda. Questo periodo oscuro che attraversiamo e che rischia di oscurarci ancora di più ci mette a confronto con noi stessi e ci obbliga a spogliarci del superfluo per ritrovare la nostra essenza e la nostra coscienza. E la nostra essenza è l’amore, non la paura. Non impariamo veramente a conoscerci e a conoscere l’altro se non nelle situazioni di crisi e di rivelazione.
Note
Jean Foucambert è ricercatore all’Istituto Nazionale della Ricerca Pedagogica (INRP), animatore dell’Associazione Francese per la Lettura (AFL) e ispettore dell’Educazione Nazionale. È conosciuto principalmente per le sue teorie in materia di apprendimento della lettura (il metodo globale), che hanno conosciuto una certa notorietà nella Francia degli anni 1970 e 1980.
Liliane Lurçat, nata Liliane Kurtz, è una psicologa francese, specializzata nel rapporto del bambino con la televisione.
3. Libro pubblicato a ottobre 2020, 2a edizione, Coll. Univers Psy, Dunod.
4. Un golem è, nella mistica e nella mitologia ebrea, un essere artificiale, generalmente umanoide, fatto d’argilla, incapace di parlare e privato del libero arbitrio, fatto al fine di assistere e difendere il suo creatore.